Oggi, 30 giugno 2020, è in discussione alla Camera la legge sulla Omotransfobia. Ci si chiede se tale legge sia necessaria o, come sostiene parte dell’opinione pubblica, compresa la CEI, sia addirittura pericolosa per una presunta deriva liberticida.
Chi non la ritiene necessaria, infatti, vede limitato il diritto di opinione e il diritto di manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione.
Effettivamente il nostro ordinamento non avrebbe bisogno di leggi come quella in discussione, così come non avrebbe bisogno della Legge Mancino (legge 25 giugno 1993, n. 205),
Il Codice Rocco, infatti, era ben preparato a contrastare i reati determinati da motivi abbietti, tanto da introdurre l’aggravante di cui all’articolo 61 n. 1.
La Giurisprudenza ha chiarito, infatti, che il motivo è abietto in quanto ignobile, idoneo a rivelare nell’agente un grado tale di perversità da destare un profondo senso di ripugnanza in ogni persona di media moralità.
O ancora, il motivo è abbietto quando è spregevole o vile, che provoca ripulsione ed è ingiustificabile per l’abnormità di fronte al sentimento umano.
E cosa c’è di più abbietto che commettere un reato nei confronti di una persona discriminandola nel suo ESSERE?
Nessuno ha problemi a riconosce come abbietta la condotta di chi aggredisce, insulta o, comunque, leda i diritti di una persona solo perchè disabile.
Ciò che stupisce è che, raramente o, quanto meno difficilmente, viene riconosciuto come abbietto il motivo basato sull’identità sessuale o di genere.
Diversi sono stati gli episodi di discriminazione di genere e non sempre l’ordinamento è stato in grado di dare una risposta efficace.
Se, quindi, una legge contro l’omofobia non servirebbe, perchè gli strumenti potenziali già ci sono, è tuttavia evidente che tale legge, oggi, è più che necessaria.
E non solo sotto il profilo della punizione del colpevole di reati determinanti dalla discriminazione per l’orientamento sessuale, ma soprattutto perchè realizza una maggior protezione a favore delle vittime.
Prevede la legge, infatti le spese che la vittima dovrebbe affrontare siano a carico dello Stato, accendendo al Patrocinio a Spese dello Stato indipendentemente dal redditto, così come accade per le vittime di reati di violenza di genere.
Inoltre la Legge realizza quella funzione rieducativa della pena, consentendo all’imputato di accedere ad un percorso alternativo alla detenzione, collaborando con enti e associazioni di volontariato.
Nessun vulnus alla libertà di espressione, così come paventato dai detrattori e, in particolare, dalla CEI.
La Legge non mira a punire il dibattito costruttivo o il diritto di “pensarla differentemente”, ma mira a tutelare le persone vittima di discriminazione per orientamento sessuale identità di genere.
Non servirebbe, in uno stato civile, sottolineare che un comportamento discriminatorio basato sul “COME SI E'”è illegittimo, ma, alla luce della cronaca, forse è necessario.
Contrariamente, infatti, a quanto sostenuto dai detrattori, ovvero che detta legge lederebbe la libertà di espressione di cui all’articolo 21 della Costituzione, ritengo che detta Legge realizzi a pieno quel compito della Repubblica “di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini” di cui all’articolo 3 della Costituzione.
Con l’approvazione della legge sarà forse più chiaro a tutti, non solo che aggredire una coppia di ragazzi che si tiene per mano è un comportamento grave e altamente discriminatorio, ma anche che non affittare un appartamento ad una coppia omosessuale realizza una pari lesione delle dignità delle persone che merita di essere sanzionata.
Arriverà, forse, un tempo in cui questa legge non servirà più, ma oggi, alla luce di quello che accade, è evidentemente necessaria.