Con la sentenza n. 5396 del 9 gennaio 2015 pubblicata il siuccessivo 5 febbraio 2015, la Sezioni Unite della Corte di Cassazioni hanno rafforzato il principio secondo cui l’esecuzione della prova etilometrica, da parte della Polizia Giudiziaria, va annoverata tra gli atti urgenti non ripetibili e, pertanto, l’autorità che procede deve comunicare all’indagato la facoltà di farsi assistere dal difensore.
La Corte, inoltre, ha precisato che l’omesso avviso può essere fatto rilevare sino alla deliberazione della sentenza di primo grado e non, come spesso si è sostenuto, prima dell’atto da eseguirsi o, comunque, al primo atto difensivo della parte.
Per meglio capire il ragionamento dei Giudici di Piazza Cavour, occorre esaminare la natura della prova etilometrica e, quindi, le garanzie che la stessa presuppone.
La questione portata all’attenzione della Suprema Corte, infatti, era posta in questi termini “Se la nullità conseguente al mancato avertimento a conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcoolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia in violazione dell’articolo 114 disp. att. cod. proc. pen., possa ritenersi deducibile, a norma dell’articolo 182 comma 2 codice di procedura penale, se non eccepita dal diretto interessato prima del compimento dell’atto; ovvero se di tale eccezione debba considerarsi onerato solo il difensore, quale sia in tale ipotesi il momento oltre il quale si verifica la conseguenza della non deducibilità della nullità”.
In sostanza le Sezioni Unite si sono interrogate se la mancata eccezione dell’indagato infici la proponibilità della stessa in sede di giudizio e nel caso tale eccezione sia proposta dal difensore, quale sia il termine ultimo per proporla.
Dall’esame della normativa in questione (articolo 114 disp. att. c.p.p. e artt. 356 e 354 c.p.p.) la Corte ha evidenzianto come vi sia un vero e proprio obbligo, in capo alla Polizia Giudiziaria, di informare la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere dal difensore.
Tale obbligo, infatti, sottende la possibilità che l’indagato non sia a conoscenza di tale diritto e, proprio per questo, occorre che la Polizia Giudiziaria lo renda conoscibile nel momento in cui emergano indizi di reato e, pertanto, vengano posti in essere atti per assicurare le fonti di prova.
L’elusione dell’obbligo previsto dall’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., come ricordato dalla Corte, va annoverata tra le “nullità di regime intermedio” ai sensi dell’articolo 178 comma 1 letter c. c.p.p. e non tra le nullità assolute previse dall’articolo successivo.
L’articolo 180 c.p.p. stabilisce che le nullità a regime intermedio possono essere rilevate non oltre la deliberazione della sentenza di primo grado, in primo luogo dal Giudice, quale garante della regolarità del processo.
La Giurisprudenza, tuttavia, talvolta ha ritenuto applicabile l’articolo 182 c.p.p. primo periodo, nella parte in cui prevede che qualora la parte assista all’atto, questa deve eccepirne la nullità prima che tale atto sia compiuto e, solo se questo non è possibile, immediatamente.
Per tali ragioni alcuni Giudici ritenevano che qualora l’indagato, prima di eseguire la prova etilomentrica o, comunque, subito dopo questa, non avesse eccepito tale nullità, questa non potesse essere eccepita nelle successive fasi del procedimento.
Le Sezioni Unite, per dirimere tale contrasto Giurisprudenziale, hanno evidenziato la natura dell’atto nonchè la nozione di “parte che vi assiste”.
La Corte, infatti, nella sentenza richiamata ha categoricamente escluso che l’indagato possa essere annoverato nel concetto di “parte che assiste”, propria per la natura stessa di indagato o indagabile che sta per essere sottoposto all’accertamento urgente indifferibile e stante la possibilità dello stesso di non conoscere la necessità di tale avviso.
Se fosse stato onere dell’indagato conoscere la natura dell’atto che sta per compiere, quale “atto garantito” non avrebbe infatti senso che sia imposto dalla normativa il doverlo avvisare di tale facoltà.
Secondo gli Ermellini, infatti, per potere eccepire una nullità occorre averne la contezza e il dover dare avviso di eventuali diritti e facoltà presuppone la possiblità di non avere tale conoscenza.
Alla luce di tale ragionamento, quindi, la Corte ha concluso che l’indagato non assiste all’atto, proprio perchè non conosce le modalità con cui tale atto deve essere compiuto.
Inoltre con parte deve intendersi unicamente il difensore e mai l’indagato o altra parte privata che potrebbe non avere alcuna conoscenza tecnico giuridica in merito.
Parte è solamente il difensore (o il Pubblico Ministero) che ha conoscenza delle formalità previste dalla legge e, pertanto, non trova applicazione l’articolo 182 codice di procedura penale, essendo, tra l’altro, prevista la difesa tecnica dell’indagato/imputato.
Per tali ragioni, l’indagato, pur potendo rappresentare elementi idonei a suffragare la nullità di determinati atti, anche nel processo penale, non ha quell’onere di “eccezione di nullità” dal mancato esercizio del quale possa derivare qualche preclusione o decadenza.
La mancata eccezione da parte dell’indagato, quindi, non rende improponibile la successiva eccezione da partre del difensore.
Alla luce di questo excursus, le Sezioni Unite, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale che ha portato all’ordinanza di rimessione, inquadrano la prova etilometrica tra gli atti irripetibili di cui deve essere dato l’avviso della facoltà di assistenza di un difensore di fiducia e hanno sacralizzato come l’omesso avviso, che rende l’atto nullo, rientri nelle nullità intermedie che può essere fatto valere dal difensore, ai sensi dell’articolo 182 c.p.p. secondo periodo, entro la deliberazione della sentenza di primo grado.