L’uso del difibrillatore senza aver ottenuto l’abilitazione: risvolti medico – legali

Oggi giorno si sente parlare sempre più spesso dei Defibrillatori Automatici Esterni (DAE) a seguito dell’emanazione del decreto legge 13 settembre 2012 , n. 158 convertito con modificazioni dalla legge 8 novembre 2012, n. 189.

Il cosiddetto “Decreto Balduzzi” prevede infatti all’articolo 7 comma 11 la “dotazione e l’impiego, da parte di società sportive sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.

Ora è evidente che non è imposta solo la dotazione, ma anche l’utilizzo del dispositivo che, pertanto, deve essere accessibile, al fine di garantire al più presto la somministrazione di terapia elettrica in caso di arresto cardiaco.

La legge 3 aprile 2001, n. 120, articolo unico, difatti, dispone che:

“1. È consentito l’uso del defibrillatore semiautomatico in sede extraospedaliera anche al personale sanitario non medico, nonché al personale non sanitario che abbia ricevuto una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare.

2. Le regioni e le province autonome disciplinano il rilascio da parte delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere dell’autorizzazione all’utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori da parte del personale di cui al comma 1, nell’ambito del sistema di emergenza 118 competente per territorio o, laddove non ancora attivato, sotto la responsabilità dell’azienda unità sanitaria locale o dell’azienda ospedaliera di competenza, sulla base dei criteri indicati dalle linee guida adottate dal Ministro della sanità, con proprio decreto, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”.

Dall’esame delle norme deriva quindi che chiunque, purchè formato, possa utilizzare il defibrillatore presente in un impianto sportivo.

Come comportarsi, quindi, nel caso in cui, trovandosi di fronte ad un arresto cardiaco, non sia prontamente reperibile una persona abilitata ed autorizzata ad utilizzare il DAE? E che rischi corre una persona non abilitata ad utilizzare il defibrillatore automatico in un caso del genere?

La risposta è meno scontata di quanto parrebbe.

Occorre, difatti, un esame sulle norme generali che regolano il nostro ordinamento, oltre che ad un analisi tecnica del dispositivo DAE e sul suo funzionamento.

Il principio su cui si basa l’utilizzo del DAE da parte di personale non sanitario, difatti, è fondato sulla mancanza dell’onere della diagnosi che, in quanto atto medico, non sarebbe possibile a personale non in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione medica.

Alla luce di tale presupposto, l’operatore DAE, anche qualora non fosse nè formato, nè autorizzato, non sarebbe imputabile del reato di cui all’articolo 348 codice penale, in quanto non è l’operatore ad effettuare la diagnosi di ritmo defibrillabile, ma il software del defibrillatore stesso.

La somministrazione della terapia elettrica tramite DAE è quindi sicura sotto il profilo diagnostico, in quanto il defibrillatore, analizzando il ritmo cardiaco, mai abiliterebbe la funzione di scarica se non riscontrasse un ritmo cardiaco defibrillabile.

La Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26/3/2003, inoltre, riporta l’accordo fra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, inerenti le linee guida per il rilascio dell’autorizzazione all’utilizzo extraospedaliero dei defibrillatori semiautomatici precisando che:”… l’operatore che somministra lo shock elettrico con il defibrillatore semiautomatico è responsabile non della corretta indicazione alla defibrillazione, che è decisa dall’apparecchio, ma della esecuzione di questa manovra in condizioni di sicurezza …”

Ma allora, quali sono i rischi per l’utilizzatore non abilitato?

A ben vedere non esiste alcun rischio nell’utilizzare il debribrillatore senza l’adeguata formazione, poichè le istruzioni dello stesso sono talmente chiare e precise, che nessuno potrebbe incorrere in errore.

L’unico rischio oggettivo è costituito da un uso imprudente del DAE, ovvero caratterizzato da una disattenzione tale da non  attuare le dovute accortezze in termini di sicurezza.

Inoltre un uso da parte di una persona non autorizzata sarebbe facilmente superabile ricorrendo all’articolo 54 codice penale che scrimina la responsabilità penale di colui che ha commesso un fatto, essendovi costretto dalla necessità di salvare altri da un pericolo attuale di un danno grave.

Se quindi, da quanto esaminato sopra, non si profilano rischi, anche sotto il profilo penale, nell’utilizzo del DAE da parte di personale privo dell’autorizzazione e dell’abilitazione, di contro, potrebbe essere configuarsi una responsabilità penale di chi, trovandosi di fronte ad un arresto cardiaco, decida di non utilizzare il defibrillatore a cui può avere libero accesso.

L’articolo 593 codice penale, difatti, punisce l’omissione di soccorso.

La norma, testualmente, recita al suo secondo comma “alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolom OMETTE DI PRESTARE L’ASSISTENZA OCCORRENTE o di darne immediato avviso all’Autorità”.

Il tenore testuale della norma è chiaro: “omette di prestare l’assistenza occorrente”.

Il primo onere che incombe a chi trova una persona in pericolo è prestare l’assistenza necessaria e, quindi, in caso di arresto cardiaco utilizzare il defibrillatore che si ha a disposizione.

Alla luce di tale tenore dell’articvolo 593 c. 2 codice penale, sarebbe giustificato un ritardo nella terapia elettrica, giustificato dalla mancanza di autorizzazione ed abilitazione?

Sicuramente la mancanza di abilitazione sarebbe scriminata dall’aver agito in stato di necessita, ai sensi dell’articolo 54 codice penale.

Ma il non agire, giusticandosi per la mancanza di competenza, potrebbe non essere sufficiente ad escludere la responsabilità penale.

Come riportato dalla Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26/3/2003 “l’operatore … è responsabile non della corretta indicazione alla defibrillazione, …, ma della esecuzione di questa manovra in condizioni di sicurezza”.

Ora c’è da chiedersi quale competenza tecnica occorre nel garantire le condizioni di sicurezza durante la defibrillazione, posto che le istruzioni del dispositivo, anche in tal senso, sono chiarissime.

Noto è, infatti, che lo stesso defibrillatore avvisa l’operatore con comandi vocali, ed in particolare “NESSUNO TOCCHI IL PAZIENTE” o “ALLONTANARSI”.

Attenendosi alla simbologia riportata sul dispositivo e alle istruzioni vocali, pare proprio che non occorra una particolare competenza tecnica nell’utilizzo del defribrillatore tale da giustificare un totale rifiuto di utilizzare lo stesso.

A questo si aggiunga il ruolo guida che deve assumere la centrale operativa qualora possa avvalersi di risorse sul territorio, in attesa del personale 118.

L’unico ostacolo, quindi, ad un utilizzo del defibrillatore anche da chi non risulta nè formato, nè autorizzato è una incapacità di fatto a rendersi utile, intesa come impossibilità a tenere il comportamento richiesto dall’articolo 593 codice penale per uno stato emotivo tale da compromettere un adeguato intervento di soccorso.