I Giudici di Piazza Cavour, con la sentenza 1743/2013, si sono pronunciati sull’annosa questione “taratura dei dispositivi di rilevazione della velocità”.
Su ricorso della Prefettura, la Suprema Corte ha accolto l’opposizione fondata sulla falsa applicazione della legge 11 agosto 1991, n. 273 (Istituzione del sistema nazionale di Taratura), del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 45 e art. 142, comma 6 e degli artt. 192, 345 e 383 reg. esec. C.d.S. (D.P.R. 16 dicembre 1995, n. 495).
La tesi sostenuta dall’Amministrazione ricorrente, accolta dalla Cassazione, difatti, sostiene che non vi è nel diritto positivo nazionale, nè in quello comunitario, alcuna norma che imponga l’obbligo della taratura degli strumenti della rilevazione della velocità-
Le stesse circolari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, difatti, si limitano a consigliare la taratura solo qualora il dispositivo venga utilizzato senza la presenza costante dell’agente accertatore.
La corte, riprendendo diverse sentenze (v. Cass. 13/6/2011 n. 12924 Ord., Cass. 24/4/2010 n. 9846, Cass. 24/5/2010 n. 12664, Cass. 19/11/2007 n. 23978) ha adeirto a tale tesi, sostenendo che i dispositivi di rilevazione della velocità non rientrano degli strumenti di misura che devono essere sottoposti alla disciplina della legge 273 del 1991.
Parimenti, nessuna norma del Codice della Strada, secondo la Corte, impone la taratura e a ben vedere, secondo gli Ermellini, tale omissione per nulla contrasta con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 97 Cost..
Riprendendo la sentenza Cass. 15/12/2008 n. 29333, Piazza Cavour ha ribadito che la questione di legittimità appare manifestamente infondata, attesa la mancanza di norme comunitaria ad effetto vincolante in materia di misurazione della velocità.
L’unica imposizione normativa, rimane quindi l’omologazione del dispositivo, così come previsto dal comma 6 dell’articolo 142 codice della strada che, in maniera testuale impone all’amministrazione, l’utilizzo di apparecchiature debitamente omologate.