Con la sentenza n. 5909 del 6 febbraio 2013, i Giudici di Piazza Cavour hanno affrontato, ancora una voltal il tema della guida in stadi di ebbrezza, in particolare sotto il profilo del rifiuto, da parte del conducente, di sottoporsi alla prova etilometrica.
Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione ha chiarito che il rifuto, costituisce un reato istantaneo, che si perfezione nel preciso istante in cui l’interessato manifesta la propria volotà di non sottoporsi all’accertamento.
Non rileva, secondo gli Ermellini, il successivo ripensamento del conducente, poichè, con la manifestazione del proprio rifiuto il reato deve considerasi perfezionato.
Secondo la Corte, infatti, non incombe sugli agenti accertatori l’obbligo di far eseguire la prova etilometrica, successivamente alla manifestazione del dissenso.
Trattandosi di un atto irripetibile urgente, difatti, il trascorrere del tempo potrebbe minare l’attendibilità del risultato, che, quindi, risulterebbe inquinato dallo stesso imputato.
In particolare, l’imputato, aveva manifestato un primo rifiuto poichè in preda ad un attacco di panico e solo successivamente, dopo un’ora, avrebbe manifestato la propria volontà di sottoporsi al test.
La Corte, difatti, scrive che “il reato (ndr il rifiuto di sottoporsi alla prova etilometrica) infatti, sicuramente istantaneo, si perfeziona con il rifiuto dell’interessato e dunque nel momento in cui il G. ha espresso la sua indisponibilità a sottoporsi all’accertamento, lo stesso era perfezionato. Non rileva che l’imputato sia tornato sul posto ed abbia infine dichiarato una disponibilità a sottoporsi all’alcoltest, dal momento che non esiste una sorta di ravvedimento operoso da parte di chi abbia già, con il comportamento di rifiuto, consumato il reato”.