Con questa sentenza, i Giudici di Piazza Cavour hanno affrontato i maniera singolare il binomio alcol / guida.
Per i Supremi Giudici la sicurezza stradale è un bene che va preservato e, pertanto, lungi da voler considerare il barista un concorrente ai sensi dell’art. 110 c.p. nel reato di guida in stato di ebbrezza, il gestore di un locale deve essere perseguito ai sensi dell’articolo 691 codice penale.
L’articolo, infatti, impone un divieto di somministrare bevande alcoliche a chi si trovi in stato di manifesta ubriachezza.
Trattasi di reato contravvenzionale, punibile sia a titolo di dolo che a titolo di colpa con l’arresto da tre mesi a un anno, e che prevede, per l’eserizio pubblico la sospensione dello stesso.
Non sono bastate le testimonianze in ordine al gran numero di avventori del locale che, secondo il Giudice di Pace, dimostravano una impossibilità per il gestore di avvedersi dell’effettivo stato di manifesta ubriachezza.
La Corte di Cassazione, infatti, cassando con rinvio la sentenza di primo grado, ha imposto al Giudice una nuova valutazione del fatto reato, con un approccio motivazionale che sia maggiormente coerente.
Di fatto viene quindi sanzionata una sorta di complicità del barista che, sulla scia di questa sentenza, avrà l’onere di vigilare accuratamente sullo stato psicofisico dei propri avventori, interrompendo la somministrazione di bevande alcoliche in caso di manifesta ubriachezza.
Non sarà ammissibile neanche la giustificazione fondato sul dubbio che il cliente possa essere in stato di ebbrezza, poichè, come chiarito da consolidata giurisprudenza di legittimità, anche il mero dubbio, che non sia superato con elementi idonei, non fa venir meno la responsabilità colposa del soggetto agente.
La Suprema Corte, quindi, riconosce un ruolo di garanzia in capo al gestore di un locale, imponendo allo stesso una vigilanza scrupolosa sui propri clienti.